Blog satirico di antropologia politica


14 gennaio 2024

La doppia vita

Abbiamo tutti due vite, una biologica e una pubblica. La prima è legata all'esistenza del corpo e comprende la percezione dell'io che si forma nel nostro cervello, alcuni lo chiamano anima.


Grande erborista, 1981

La prestigiosa Galleria Pananti di Firenze, nel 1983 promosse una personale del Giuliani. Alla mostra piombò un frate domenicano in abito talare, che si scoprì essere ai vertici del convento di San Marco. Dando una rapida scorsa alle opere e fattosi paonazzo, iniziò a sbraitare: “questa è eresia!”. In preda all’ira estrasse un pugnale e con veemenza lo conficcò nell’opera. La mostra si concluse all’istante, chiusa per eresia. Sul retro della tela, Sandro aggiunse la seguente scritta: “Pugnalata di Don Spinello, critico d’arte e pittore Domenicano di San Marco, oggi defunto.”

Simile alla memoria di un computer si accende al risveglio ogni mattina e sparisce durante il sonno, è come nascere e morire tutti i giorni. Non che il cervello si spegne completamente durante il sonno, continuiamo a respirare e a sognare, ma l'io è comunque assente. Tutti ci prendiamo molta cura del nostro corpo biologico e dell'io, generato unicamente dalla propria esistenza. Il mondo esterno non potrà mai conoscere quel nostro mondo intimamente privato del quale non rimane nessuna traccia dopo la morte. Della maggior parte delle persone non rimangono ricordi una volta che parenti e amici sono morti a loro volta, vivono infatti solo per soddisfare il proprio io.
Viviamo anche una seconda vita nella memoria collettiva degli altri. La memoria pubblica crea un'esistenza immaginaria che può durare a lungo nel tempo e che può influenzare la percezione di molte persone. Poche persone hanno il privilegio di continuare a vivere dopo la morte del corpo. Ricordiamo solo coloro che hanno lasciato un segno importante per le future generazioni, i personaggi pubblici. Una volta erano i regnanti e i capi spirituali, ma soprattutto lo sono sempre stati gli artisti. Mentre di politici e despoti facilmente rimane un'immagine negativa, gli artisti saranno per sempre ammirati per la grandezza del loro genio.
Non si può decidere da un momento all'altro di diventare artista, è una vocazione che nasce dalla consapevolezza della insoddisfacente volatilità della propria esistenza biologica e che segna l'intera esistenza. L'artista vive per la seconda vita. Quella biologica diventa solamente uno strumento, una necessità per raggiungere lo scopo, ovvero la vita extracorporea. Gli artisti non danno molta importanza a quel piccolo mondo che circonda il corpo e a volte sono proprio inadeguati a rincorrere quella agiatezza fisiologica che la grande maggioranza delle persone si pone come obbiettivo ultimo della propria esistenza.
Certo, ci sono stati anche artisti che hanno saputo splendere in ambedue le vite, magari perché il grande pubblico ha iniziato subito ad idolatrare le loro opere. Come la mettiamo però con quegli artisti che erano troppo avanti ai loro contemporanei, oppure con quelli che hanno vissuto la vocazione artistica come una sofferenza, quelli timidi e introversi? Essere adorati da un vasto pubblico è il sogno di molti, ma non determina affatto il valore artistico. Sono più che altro affabili e spregiudicati esperti di marketing, quelli che arrivano velocemente sulle vette della critica. Per questo l'artista ricco e famoso in vita mi rimane sempre sospettoso. Guardo con diffidenza anche i benestanti che si dedicano all'arte, magari per noia, oppure gli artisti della domenica che non hanno il coraggio di rischiare il tutto per tutto. Non mi sono mai definito un artista e ora che la prima vita si avvia lentamente alla fine, rimango con il rammarico di non essere stato abbastanza radicale. È la paura della morte che ci fa attaccare alla vita biologica. Se potessi tornare indietro, certo che farei l'artista.
Adoro gli artisti misconosciuti in vita che hanno unicamente seguito le loro visioni, quelli che soffrono per l'ignoranza del mondo che li circonda, i geni maledetti che si bruciano quando vengono acclamati dalle folle. Pensate ai tanti musicisti morti giovani, non appena baciati dal successo. C'è ne sono stati di geni in ogni ambiente artistico. Pensate a Van Gogh che soffriva di quelle visoni allucinanti che doveva comunicare ad ogni costo, perfino della propria vita.
Ecco come si riconosce un artista, ovvero colui che prima di accettare compromessi preferisce la morte. Colui che non cerca la gloria e guarda con sospetto il mercato. L'artista è un visionario che vede oltre. Non gli importa se il mondo lo amerà, ma lui non potrà essere diverso. Se iniziamo a giudicare il mondo dell'arte e in particolare quello dell'arte contemporanea sotto questo profilo, ne rimangono pochi artisti, anzi pochissimi e io sono stato fortunato ad aver avuto uno come maestro, l'unico che ho conosciuto personalmente.

Partiamo da Zero

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